DIONISO E IL
CARNEVALE
“Baccanti” non
parla del Carnevale, naturalmente, ma della sua forma archetipa
il “dionisismo” che condivide con esso quell’urgenza innata di
liberare, in un rito propiziatorio e collettivo, le pulsioni più
profonde della psiche, quelle esigenze di assecondare le forze
primigenie e intimamente nascoste nella natura di ciascuno, di
liberare l’istintiva forza vitale dell’uomo dalla schiavitù a
essa imposta dalla ragione e dalle consuetudini sociali. Aprirsi
a un’esperienza di tal genere può essere fonte di arricchimento
spirituale, viceversa, reprimere in se stessi questa esigenza o
impedire ad altri il suo soddisfacimento significa trasformare
queste forze in una potenza disintegrante e distruttiva, una
cieca forza naturale, senza limite e senza misura, che demolisce
ogni argine di civiltà e tutto travolge senza distinguere più
tra innocenza e colpevolezza. E’ questo l’ammonimento di
Baccanti, e questo continua a essere, nonostante tutto, l’anima
più profonda di qualsiasi festa di carnevale.
DIONISO
E EURIPIDE
Uomo/donna,
vita/morte gioventù/vecchiaia, luce/ombra, caos/ordine,
guerra/pace, verità/finzione, tragico/comico, infinito/finito.
"Dioniso" è la personificazione di queste tragiche
contraddizioni: gioia e orrore, discernimento e follia, gaiezza
innocente e tenebrosa crudeltà.
Euripide si serve di queste ambiguità per far emergere dalla
loro tensione conflittuale il senso del tragico. Deliberatamente
egli guida il pubblico attraverso l’intera gamma delle emozioni,
dalla simpatia per il dio perseguitato, attraverso l’eccitazione
dei prodigi della reggia e la macabra messinscena del
travestimento, a partecipare alla fine, alla reazione di Cadmo
contro quella giustizia inumana e alla disperazione di Agave.
Il suo intendimento da buon drammaturgo è quello di potenziare
la nostra sensibilità e arricchire in maniera smisurata la
nostra umanità. Lo specifico di questa tragedia è costituto
proprio da questa emotività aggiunta che sgorga dall’opera del
cuore, da una visione introspettiva di immagini rimaste
prigioniere a lungo nelle sorgenti più riposte della sua mente.
(Luca Bianco, direttore artistico Compagnia Teatrale "Hybris")