La Festa di Carnevale
Peter Burke attribuisce alle feste di fine anno o di Carnevale,
feste di eccessi alimentari e sessuali e persino violenze, quasi una
parentesi dello scorrere ordinato dell’anno, la funzione di valvola
di sfogo dell’istintività repressa nel resto dei mesi oppure,
secondo l’interpretazione di Renè Guenon delle tendenze meno elevate
dell’uomo decaduto. Bachtin attribuisce a queste feste la funzione
di valvola di sfogo politico e di controllo sociale poiché permette
agli umori egalitari e antiistituzionali di manifestarsi in forma
istituzionalmente controllata. Se queste tendenze non potessero
ricevere quel minimo di soddisfazione rischierebbero di esplodere e
di estendere i loro effetti all’intera esistenza, sia dell’individuo
che della collettività, provocando un disordine ben più grave di
quello che si produce per qualche giorno riservato particolarmente a
questo scopo.
Mircea Eliade sostiene che la sfrenatezza, il tripudio,
l’orgia (sia che si parli del Carnevale babilonese o delle Feste
dionisiache o dei Saturnali) non siano altro che la rappresentazione
di un mito cosmogonico: il momento del rimescolamento di ogni
energia che preludeva alla ricreazione dell’anno. L’orgia in
occasione delle cerimonie dell’anno nuovo era una regressione
all’oscuro, la restaurazione del caos primordiale che in quanto tale
precedeva ogni manifestazione di forze organizzate. Lo scatenarsi
della licenza, afferma Mircea Eliade, la violazione di tutti i
divieti, la coincidenza di tutti i contrari ad altro non mirano che
alla dissoluzione del mondo e alla restaurazione dell’illud tempus
primordiale che è il momento del principio (caos) e della fine
(diluvio o apocalisse).
Ma il Carnevale così inteso non è più funzionale alla civiltà
contemporanea che privilegia un tempo omogeneo e lineare al posto di
quello ciclico, che non ha più spazio per le feste sociali e i
giorni scorrono noiosamente nell’alternanza di tempo lavorativo e di
vacanza. Certo la psiche che avverte, pur se oscuramente, la
presenza di archetipi inestirpabili non riesce ad adattarsi alla
concezione lineare sicché da questo rimosso nasce la nevrosi
collettiva del festoso, caricatura sinistra da cui ogni persona
dabbene non può non ritrarsi inorridita.
Il “Carnevale è morto” afferma Bloch e a decretarne la fine,
aggiunge Baroja, fu l’affermarsi di una concezione di vita né
pagana, né cristiana ma semplicemente secolarizzata. Un laicismo
burocratico che lo ha regolamentato secondo criteri di ordine
sociale, di buon gusto di perbenismo riducendolo ad un misero
divertimento di normale routine. Il Carnevale è morto!
Noi che ce ne occupiamo con passione attraverso il teatro, da almeno
un trentennio, ci siamo posti, con i nostri spettacoli, l’obiettivo
ambizioso di restituire qualche frammento dell’antica emozione.
Luca Bianco – Direttore Artistico dell’Ass. Teatrale Hybris